In questo articolo si analizzano le opportunità e i rischi della presenza della politica sui social media, in particolar modo prendendo come esempio i casi dell’elezione di Donald Trump, della Brexit e delle elezioni politiche italiane del 2018, confutando come gli algoritmi e la propagazione di fake news possano influenzare i processi democratici. Successivamente, discuterò dell’avvento della “memizzazione” della politica, da fenomeno irriverente a pericolo di semplificazione del messaggio politico.
In conclusione, verranno discussi i cambiamenti apportati dal nuovo paradigma del modo di comunicare in politica, legato alle problematiche ancora esistenti e alle sfide da dover superare per permettere una maggiore partecipazione della cittadinanza.

Introduzione

L’uso dei social media da parte degli attori politici è diventato sempre più diffuso negli ultimi anni e ha avuto un impatto significativo sulla comunicazione politica e sulla partecipazione dei cittadini. I politici hanno visto nei social media un’opportunità per raggiungere un pubblico più vasto e diversificato rispetto ai media tradizionali, ma anche per creare un rapporto più diretto e interattivo con gli elettori. La presenza dei politici sui social media ha, però, portato anche a nuove sfide: gli attori politici devono, infatti, adattarsi a una serie di piattaforme sempre più variegate, ognuna con le sue regole e peculiarità, e allo stesso tempo mantenere una coerenza nella loro strategia di comunicazione politica (letture chiave per poter comprendere e approfondire queste tematiche sono i testi scritti dal professor Gianpietro Mazzoleni). Anche le stesse piattaforme hanno contribuito alla diffusione di strategie di comunicazione politica innovative, sfruttando gli algoritmi per raggiungere specifici segmenti di pubblico, con l’ausilio di contenuti diventati poi virali. Frequente è anche l’uso di chatbot per interagire con gli elettori. In generale, la presenza della politica sui social media ha avuto un impatto significativo sulla comunicazione politica e sulla partecipazione della popolazione. I cittadini si sono trasformati in pubblico, rendendo la politica quasi spettacolo.

Gli avventi spartiacque sono stati due. Il primo, la discesa in campo di Silvio Berlusconi, che ha mutato il paradigma vigente trasformando la comunicazione politica in “infotainment” – cosa già accaduta negli USA –, seguito dall’avvento del World Wide Web che, diventando accessibile a tutti, ha cambiato il modo di comunicare: dalla comunicazione di massa siamo passati all’autocomunicazione di massa. Noi cittadini non siamo solo consumer, ma siamo divenuti “produser”, cioè produttori e fruitori di contenuti. Si arriva, infine, al fenomeno legato a Beppe Grillo che, nel 2005, ha rotto le barriere della distanza politica portando (dopo anni di lavoro sfruttando uno strumento del web: il blog) a una disintermediazione politica capace di trasformare la mobilitazione e il malcontento da fenomeno online all’offline.

Foto “Il Foglio”

Tuttavia, a seguito di questi cambiamenti radicali, ci sono anche alcune preoccupazioni riguardo la manipolazione delle tante informazioni – delle volte incontrollate – e alla polarizzazione politica; è quindi importante che sia gli attori politici che le piattaforme stesse si impegnino a promuovere una comunicazione politica responsabile e trasparente. Da non sottovalutare le “echo chambers” che vengono a crearsi a causa degli algoritmi che governano le piattaforme, capaci di proiettarci in una visione distopica della realtà che ci circonda.

Nonostante questi cambiamenti nel modo di agire della comunicazione politica, però, gli attori fondamentali di questa disciplina continuano a essere i politici, i media e i cittadini. L’informazione politica resta, quindi, ancora oggi essenziale: non si può fare informazione che non sia politica.

  1. La presenza politica nei social media

La presenza della politica sui social media, come detto, è diventata sempre più rilevante negli ultimi anni, con i politici che utilizzano i social media come strumento per raggiungere il loro pubblico e promuovere la loro agenda politica in modo rapido ed economico, senza la necessità di utilizzare i tradizionali mezzi di comunicazione come la televisione o la stampa.

I politici e i partiti politici sono stati in grado – quasi tutti – di adattarsi alle nuove piattaforme social, utilizzandole per raggiungere un pubblico più vasto e diversificato. Ad esempio, quasi tutti gli attori politici si sono avvalsi di Facebook e Twitter per comunicare con i loro sostenitori e diffondere le loro posizioni politiche. Con l’avvento delle nuove piattaforme come Instagram e TikTok (quest’ultimo molto popolare tra i giovani), essi sono stati forzati a creare nuovi account per essere ancora più flessibili, adattandosi alle nuove tendenze e alle esigenze del “nuovo” pubblico.

La presenza della politica sui social media può anche sollevare alcune preoccupazioni. Non è un mistero di come i politici possano utilizzare i social media per diffondere disinformazione e propaganda, manipolare l’opinione pubblica e creare polarizzazione. Essa, però, solleva preoccupazioni sulla privacy e sulla sicurezza dei dati, poiché i dati personali dei cittadini possono essere raccolti e utilizzati a scopi politici.

La concentrazione di potere nelle mani dei produttori di informazione fa sì che i mass media controllino i flussi di informazione, con la possibilità di filtrarli e dirigerli secondo i loro benefici e scopi politici. Anche se a giudizio di Yochai Benkeler, professore di diritto all’Università di Harvard, la sfera pubblica di rete è in grado di garantire i filtri di attendibilità e rilevanza un tempo riservati ai mass media, questa visione non tiene però conto del ruolo dei nuovi gatekepeers, come i motori di ricerca o le imprese che controllano i social network.

Particolare attenzione riguardo questo argomento va posta per i fatti accaduti nel biennio 2016-2018: elezione di Donald Trump, Brexit ed Elezioni Politiche in Italia del 2018.

Seppur non è possibile trattare questo capitolo in maniera dettagliata, parlando dell’elezione di Donald Trump e della vittoria della Brexit non si può non far riferimento allo scandalo di Cambridge Analytica: probabilmente un adattamento eccessivo della politica ai nuovi media. Nell’estate del 2016, il comitato di Trump affidò a Cambridge Analytica – nata, non a caso, anche per influenzare le elezioni a favore dei Repubblicani- la gestione della raccolta dati per la campagna elettorale; dalle indagini condotte è emerso come l’attività online pro-Trump fu gestita usando grandi quantità di account fasulli per diffondere post, notizie false e altri contenuti contro Hillary Clinton, modulando la loro attività a seconda dell’andamento della campagna elettorale.

In una realtà geograficamente più vicina a noi, a seguito del referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea, conclusosi con la vittoria del “leave”, il Guardian dedicò una lunga inchiesta sulla società di consulenza londinese, dimostrando come Cambridge Analytica avesse collaborato alla raccolta di dati e informazioni sugli utenti, utilizzandoli per condizionarli con propaganda mirata a favore della Brexit. Tutto questo grazie a un sistema chiamato “microtargeting comportamentale”, ossia pubblicità personalizzata su ogni singola persona che riusciva a far leva non solo sui gusti ma anche sulle emozioni degli utenti.

A causa di questo scandalo il CEO di Facebook, Mark Zuckerberg, fu convocato sia dal Congresso degli Stati Uniti sia dal Parlamento Europeo. Da ciò si può evidenziare come la politica non abbia tutti gli strumenti per regolamentare il traffico sulle piattaforme che, pur non avendo confini reali, influenzano le politiche di uno Stato sovrano come se fossero loro stesse uno Stato.

Riguardo le elezioni in Italia del 2018, i due partiti vincitori – Lega e M5S – hanno influenzato l’elettorato grazie ad azioni incessanti sui social di propagazione di fake news: i primi dominando il dibattito sul tema dell’immigrazione, i secondi usando la retorica del populismo anti-casta. Per influenzare i cittadini sono stati usati finti sondaggi, ma anche immagini con lo scopo di sembrare veritiere che si sono poi dimostrate false (tra i casi più eclatanti, la foto di Maria Elena Boschi a un funerale, spacciata per la sua presenza al funerale del boss mafioso Riina). Filippo Trevisan, assistente alla Scuola Universitaria Americana di comunicazione, e altri accademici, hanno studiato l’impatto di internet e dei social media sulla politica, e hanno spiegato come i cambiamenti nel panorama dei media abbiano influenzato il voto, arrivando a sostenere come l’ascesa dei partiti populisti sia stata sostenuta da cambiamenti radicali nel modo di informarsi degli elettori italiani. Questa tendenza, combinata con il basso livello di fiducia degli italiani nell’organizzazione dei media, divenuti ibridi, ha reso l’Italia terreno fertile per diffondere disinformazione e propaganda online, tramite una comunicazione politica che ha smarrito, probabilmente, la propria etica di fondo.

Il concetto di ibridazione torna spesso nei testi sottoposti al nostro studio, perché in realtà l’ecosistema dei media oggi non può essere compreso se non facciamo riferimento agli altri attori citati in precedenza: i cittadini, i politici e il sistema mediatico. Viene detto ecosistema perché molte attività sociali si sono trasferite sulle piattaforme mediali e quindi, essendo interrelate tra loro, non si può studiare l’una senza ragionare sull’altra.

2. L’avvento dei meme e la politica “pop”

La comunicazione politica è sempre stata un aspetto fondamentale dell’agire politico, ma con l’avvento delle nuove forme di comunicazione, come i social media e i meme, essa è diventata ancora più complessa e variegata, prendendo pieghe “pop”. La politica “pop” online si riferisce all’uso dei social media e di altre piattaforme digitali per promuovere la politica in modo informale, divertente e spesso ironico, di cui i meme sono l’elemento centrale per la loro facilità di condivisione e diffusione.

Tuttavia, la politica “pop” online ha anche sollevato alcune preoccupazioni. Ad esempio, può favorire la polarizzazione e l’incitamento all’odio, poiché spesso rivolta a un pubblico specifico, e si concentra sulla creazione di un’identità comune piuttosto che sulla discussione dei problemi reali. Le campagne politiche che si basano sui meme possono essere efficaci nel coinvolgere un pubblico più ampio e giovane, che spesso è più attivo sui social media, ma possono anche semplificare eccessivamente la politica, riducendola a slogan e immagini superficiali.

È importante che queste campagne non perdano di vista l’obiettivo principale – con un’esasperazione mediatica legata alle “soft news” – ovvero quello di informare il pubblico sui problemi politici: i meme, infatti, possono anche essere manipolati per diffondere disinformazione e propaganda e ciò può avere conseguenze negative sulla capacità dei cittadini di prendere decisioni consapevoli e sulla fiducia nelle istituzioni democratiche.

I meme però possono essere usati soprattutto per fare satira, in particolare per prendersi gioco degli stessi meccanismi – disinformazione e populismo – che hanno consentito le vittorie elettorali di determinati attori politici. Un caso da prendere in analisi possono essere i meme generati dopo la vittoria della Brexit da parte dei simpatizzanti del “remain” per “ironizzare” su un voto, a detta loro, non proprio espresso con piena cognizione di causa e lucidità.

3. Conclusioni

Non c’è dubbio che con l’avvento dei social media le elezioni politiche abbiano avvantaggiato quei politici che meglio avevano compreso la transizione dall’offline all’online, dando un senso di maggior vicinanza con l’utente fruitore del contenuto. Il cortocircuito di questo nuovo paradigma non è semplicemente legato alla disinformazione che si può trovare in rete – dovuta a una comunicazione politica di scarso livello morale – ma al dato che evidenzia come una cospicua parte della popolazione ritenga questi contenuti credibili. Ciò non può non passare per una maggiore consapevolezza da parte della cittadinanza che ha bisogno di un rafforzamento delle capacità di alfabetizzazione digitale; secondo l’ultimo rapporto DESI, infatti, in Italia solo il 46% della popolazione possiede competenze digitali di base. È necessaria, eventualmente, anche una riorganizzazione delle proprietà dei mezzi di comunicazione, in modo che non sia così strettamente concentrata. Nella comunicazione politica dei nostri giorni si dirà che “il fine giustifica i mezzi”, ed è quindi improbabile pensare che la disinformazione e la propaganda – basata su notizie false – passino di moda da un momento all’altro. Importante, in chiave di fact checking, l’esplosione di popolarità di pagine – come “Pagella Politica” – che attraverso il loro lavoro rendono la comunicazione politica degli attori istituzionali verificabile, ma anche a pagine come “AQTR.official” che con i propri meme parla di politica con un linguaggio semplificato senza banalizzarne il contenuto, trovando il giusto equilibrio tra infotainment e politainment.

Nella grande famiglia dei social media, i social network ricoprono un ruolo fondamentale e la politica è conscia di come questi strumenti siano un mezzo importante per la strumentalizzazione di idee e opinioni. Frank Pasquale, docente di Giurisprudenza all’Università del Maryland, con un lavoro del 2015, aveva già provato a far luce sul mondo oscuro che si cela dietro le quinte dei social network e del mondo del web in generale, evidenziando come il controllo algoritmico delle informazioni entri in ogni aspetto della nostra vita. Sfruttando un mondo difficilmente regolamentato, nascono delle falle nel sistema come Cambridge Analytica; per questo motivo, quando si parla di comunicazione politica contemporanea, non può non essere fatto un passaggio sugli effetti delle nostre interazioni con i social media e di come gli algoritmi abbiano portato allo snaturamento di alcune dimensioni centrali della nostra esistenza. In sintesi, la politica “pop” online e l’uso dei meme sono diventati elementi importanti della comunicazione politica dei nostri giorni. Le campagne politiche basate sui meme possono essere una strategia efficace per coinvolgere un pubblico più ampio e giovane. Tuttavia, è importante che queste campagne siano utilizzate in modo responsabile e che non perdano di vista l’obiettivo principale di informare il pubblico sui problemi politici e sui programmi dei candidati. Se c’è un aspetto negativo della popolarizzazione della politica è quello di aver condotto a una personalizzazione e a una spettacolarizzazione della stessa, probabilmente in maniera eccessiva.                                                            

In precedenza è stato analizzato come i rischi della disinformazione e della propaganda nei meme politici possano essere molteplici e avere conseguenze negative sulla democrazia e sul processo decisionale. Ma, soprattutto, non bisogna correre il rischio che lo slacktivism diventi l’unico strumento di mobilitazione, portando a un’obsolescenza dell’idea di confronto. La rete è un serbatoio di idee originali; la comunicazione politica deve migliorare nell’influenzare la cittadinanza alla partecipazione reale, perché i processi democratici – almeno fino alla data di scrittura di questo mini paper – vengono ancora decisi dalla mobilitazione fisica e non ancora dai click.

Possiamo affermare senza dubbio che la presenza della politica sui social media è diventata sempre più rilevante, con i politici e i partiti politici che si sono adattati alle vecchie e nuove piattaforme social che hanno offerto loro uno spazio per raggiungere un pubblico vasto e diversificato. Tuttavia, è importante che i politici e le piattaforme social lavorino per garantire la trasparenza e l’accuratezza delle comunicazioni politiche diffuse sui social media e per proteggere la privacy e la sicurezza dei dati dei cittadini.

Se il M5S con la nascita del blog e successivamente altre forze populiste (ad esempio Lega – Salvini) hanno compreso che la comunicazione politica sarebbe stata più efficiente passando da un modello “two-step flow” a un modello di “influence networks” in cui è importante la creazione di opinion leaders per veicolare – e anche filtrare – le informazioni da trasmettere alle masse, la continua nascita di nuove piattaforme (che non rispettano più la logica assodata delle echo chambers, vedi Tik Tok) potrebbe obbligare un nuovo cambio di strategia, imponendo ai comunicatori politici un maggiore aggiornamento dei modi e dei contenuti da proporre, aumentando, inevitabilmente, la difficoltà del lavoro per la necessità di dover essere al passo con ogni piccolo “sentiment” che influenza l’opinione pubblica per coinvolgere più elettori possibili.

Concludendo, prendendo spunto dal lavoro di Markus Prior quando parla di “Post democracy broadcast”, bisognerebbe trovare un compromesso per evitare la crescita delle diseguaglianze nelle esperienze mediali che inevitabilmente alterano il modo di entrare a contatto con le idee e le informazioni. Discordando con gli elementi descritti nel testo di Cristian Vaccari e Augusto Valeriani, è vero sì che i social media effettivamente aumentano la partecipazione politica sia nelle attività online che faccia a faccia, e che espandono l’uguaglianza politica tra le democrazie occidentali, ma ciò non si traduce in reale partecipazione politica attiva, visti i tassi di astensionismo che continuano ad aumentare con il passare degli appuntamenti elettorali. Sebbene i social media possano contribuire a risolvere molti problemi della società, seguendo il filone del testo citato, dovrebbero altresì ottimizzare il supporto per il superamento di almeno due importanti mali democratici: l’apatia dei cittadini nei confronti della politica e le disuguaglianze tra coloro che scelgono di esercitare la propria voce e coloro che rimangono in silenzio. Ciò perché, in questo momento, il passaggio tra l’hashtag activism e la mobilitazione attiva non si è ancora concretizzato e siamo ben lontani dalle partecipazioni popolari dei partiti di massa. Probabilmente la vera sfida della comunicazione politica è trovare il giusto equilibrio tra un metodo di comunicazione semplificato ma non banale, popolare ma non populista. Del modo in cui faremo comunicazione politica dipenderà il futuro della partecipazione politica della cittadinanza e solo ottimizzando il risultato dei nostri sforzi potremmo salvaguardare il principio che ci permette di scrivere e parlare di politica: la democrazia.

CONSIGLI DI LETTURA

Benkler  Y.La ricchezza della rete. La produzione sociale trasforma il mercato e aumenta le libertà, Università Bocconi Editore, 2007

Mazzoleni G. – Introduzione alla comunicazione politica, Il Mulino, 2021

Mazzoleni G. & Bracciale R.La politica pop online. I meme e le sfide della comunicazione politica,Il Mulino, 2019

Mazzoleni G. & Sfardini A. Politica Pop. Da <<Porta a Porta>> a <<L’isola dei famosi>>, Il Mulino, 2009

Pasquale F.The black box society: the secret algorithms that control money and information, Harvard University Press, 2016

Sunstein C. R. – #Republic.com. La democrazia nell’epoca dei social media, Il Mulino, 2017

The LocalThe impact of ‘fake news’ on the Italian election, Thelocal.it, 2018 https://www.thelocal.it/20180307/impact-fake-news-social-media-russia-italian-election-result

Trevisan F. , Hoskins, A. , Oates, S. and Mahlouly, D. Mapping the search agenda: a citizen-centric approach to electoral information flows,  Routledge, 2017

Zamperini N. – Manuale di disobbedienza digitale, Castelvecchi Editore, 2018

SITOGRAFIA

Bertrand R.The Trump campaign is scrambling to distance itself from Cambridge Analytica amid Assange-Hillary Clinton email flap, Business Insider, 2017 https://www.businessinsider.com/trump-cambridge-analytica-hillary-clinton-emails-julian-assange-2017-10?r=US&IR=T

Bianchi L.#IosonoGiorgia e la “memizzazione” della politica italiana, Il Manifesto, 2019 https://ilmanifesto.it/iosonogiorgia-e-la-memizzazione-della-politica-italiana

Cadwalladr C.The great British Brexit robbery: how our democracy was hijacked, The Guardian, 2017                                               https://www.theguardian.com/technology/2017/may/07/the-great-british-brexit-robbery-hijacked-democracy

Gollatz K.The power of platform, HIIG, 2016                                                    https://www.hiig.de/en/the-power-of-platforms/

Longo A.Desi 2022, l’Italia eccelle (solo) in banda ultra larga e integrazione tecnologica, Agenda ditigale.eu, 2022                                                    https://www.agendadigitale.eu/infrastrutture/desi-2022-facciamo-molto-bene-solo-per-banda-ultra-larga-e-tecnologie-in-azienda/

Swift J. – Contagius interviews Alexander Nix, Contagius, 2016 https://www.contagious.com/news-and-views/interview-alexander-nix

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