Ok, sappiamo ormai abbondantemente che il quorum non è stato raggiunto. Ma qualcosa vorrei dirla (limitatamente al territorio in cui vivo).

I numeri possono essere interpretati e credo che qualcosa di positivo possano comunque raccontare.
In Campania ci siamo fermati sotto la media nazionale, al 29,87%. In provincia di Avellino si è leggermente sopra la media: 31,41%. Ma il dato forse più interessante è nelle differenze tra i comuni.

Avellino città: 37,27%. Cesinali: 37,73%. Primo per affluenza San Nicola Baronia, secondo Grottolella e a chiudere il podio Salza Irpina.
Certo, tutti paesi non enormi ma se sono tra le affluenze più alte della provincia forse non è un caso.

Partiamo da un fatto: nella nostra provincia non ci sono stati apparati di partito a mobilitare (se non in maniera molto limitata). Nessuna macchina del consenso. L’unica struttura che veramente si è mobilitata è stata quella della CGIL.
Nella maggior parte dei paesi con l’affluenza più alta ci sono stati, invece, militanti riconosciuti, cittadini politicizzati, attivisti che hanno parlato con le persone, uno a uno, per spiegare perché votare contava.

Al contrario, nei territori dove la politica si regge ancora su logiche clientelari e di potere consolidato, l’affluenza è crollata.
Dove comandano i portatori di voti, la partecipazione è stata tra le più basse. Quando non c’è un interesse personale in gioco, quella politica si ferma. Non parla, non si muove.

E il Partito Democratico in Irpinia?
Un po’ troppo silenzioso. Anche chi si dice esponente di una parte che a che fare con la nostra segretaria nazionale in strada poi non si è visto.
In una provincia che ha espresso negli anni dirigenti nazionali, deputati, consiglieri regionali, amministratori locali legati al PD, in pochissimi abbiamo sentito il dovere di spenderci apertamente.
Pochissimi appelli alla partecipazione da sindaci e dirigenti della provincia.
Qualcuno ha lasciato campo libero all’astensionismo, forse perché gli conveniva.

E allora la domanda è inevitabile:
che funzione ha un partito che rinuncia a mobilitare i suoi elettori quando in gioco ci sono i diritti e la democrazia diretta?

Questo referendum ha fallito sul piano numerico, ma ci consegna un’indicazione netta:
serve una politica radicata, trasparente, disinteressata.
Serve militanza, non intermediazione di potere.

La città di Avellino ed il suo hinterland non sono un’anomalia: sono un segnale.
Sta a noi decidere se seguirlo o tornare a farci rappresentare da chi si fa vivo solo quando ha qualcosa da ottenere.

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